CARLO COLOMBARA: I SUGGERIMENTI DEL GRANDE BASSO ITALIANO
Riportiamo integralmente un’ottima intervista al basso Carlo Colombara, per gentile concessione di Luca Giorgini che ne è l’autore.
Ci sembra doveroso diffonderla anche attraverso il nostro sito a tutti gli amanti dell’opera lirica.
Sogente http://www.operablog.it/carlo-colombara/
Qualche giorno fa, a teatro, incontro il segretario personale del grande basso Carlo Colombara e mentre stavamo parlando del mio blog decidiamo, con mio grande piacere, di fissare un’intervista per i giorni successivi.
Non c’è bisogno che io faccia una grande introduzione per questo cantante che ha alle spalle tre decadi di carriera e i cui successi parlano per lui.
Come spesso mi accade, il tutto è avvenuto con una videochiamata su Skype (benedetto internet!), e qui sotto potete leggere cosa ne è venuto fuori.
Come è nata la tua passione per il canto lirico?
La passione è nata grazie alle scuole. All’epoca gli insegnanti portavano i bambini a teatro due volte l’anno. Da allora è scattato qualcosa che mi è sempre rimasto dentro. Poi ho un po’ “obbligato” i miei genitori a portarmi a vedere l’opera e mi sono fatto comprare l’abbonamento. E la prima opera che ho visto è stata Carmen nel ’73 al Comunale di Bologna.
Quando hai iniziato il vero studio del canto?
E’ iniziato tutto per gioco… non sapevo né di avere una voce né era mia intenzione cantare. Io volevo in qualche modo lavorare in teatro. Poi non era importante scegliere di fare il cantante piuttosto che il direttore d’orchestra. E’ stato per caso che, all’età di 15 anni, il padre di William Matteuzzi, che lavorava con mio padre, disse “visto che tuo figlio è così innamorato dell’opera, fallo sentire da Paride Venturi”. Mi feci ascoltare e poi lavorando con questo grande Maestro la voce è piano piano uscita fuori.
Però ripeto, per me non era importante fare il cantante, piuttosto lavorare in qualche modo in teatro.
Cosa ne pensavano i tuoi genitori della tua scelta di fare il cantante?
In casa nessuno era musicista. Ho avuto solo due parenti che hanno fatto musica: il cugino di mia nonna,Riccardo Stracciari, un grande baritono e sempre da parte di mio padre, una cantante di musica leggera famosa negli anni ’50 che è morta qualche mese fa. Il suo nome d’arte era Marisa Colomber.
I miei sono comunque rimasti stupiti dalla mia scelta. La solita frase che mi diceva invece mia madre era “si però, poi, che lavoro vuoi fare?”.
Sono uscito di casa a 19 anni iniziando a lavorare con il coro, quindi vedendo la mia tenacia e il fatto che riuscivo a mantenermi, mi hanno poi appoggiato.
Qual è stato, secondo te, il momento che ha sancito l’inizio della tua carriera?
C’è stata una serie di circostanze e coincidenze.
Ho avuto la fortuna di fare un’audizione a Bologna con Solti, che mi fece fare un disco per la Decca cantando un piccolo ruolo nel Simon Boccanegra con Nucci e la Te Kanawa.
Poi Solti, che all’epoca era molto influente in ambito discografico, mi presentò a Muti che mi fece fare un’audizione e mi prese. Da allora ho cominciato a cantare per molti anni alla Scala. Ho fatto un po’ il contrario di molti miei colleghi che arrivano in questo teatro dopo una lunga carriera.
Nel ’87 vinsi il concorso AsLiCo. Poi cantai con la Verrett a Tokio.
Ma diciamo che il vero salto di qualità l’ho fatto cantando alla Scala ed è un rapporto che dura anche oggi.
Come ti riscaldi prima di una performace?
A volte faccio i vocalizzi, a volte non li faccio. Una volta ero più metodico. Adesso la voce non è cambiata, ma è cambiato il fisico e devo riscaldare meglio la voce e un po’ più a lungo.
Solitamente comunque arrivo in teatro un’ora e mezza prima dello spettacolo, faccio 2 o 3 vocalizzi, poi vado al trucco, mi vesto e continuo a riscaldarmi fino a 5 minuti prima di entrare in scena.
A seconda del repertorio che faccio, poi, riscaldo più gli acuti o più i gravi perchè le corde vocali sono come una coperta corta, più la tiri e più ti scopri i piedi.
Quali sono i pregi e i difetti del tuoi lavoro?
A questa domanda va risposto in due modi: come era 30 anni fa quando iniziai e come lo è oggi.
All’inizio i difetti del lavoro erano pochi. Incominciavano ad esserci delle intrusioni dei registi e alcuni direttori d’orchestra non lasciavano molto spazi ai cantanti, però questo era compensato dai pregi: i cantanti erano più al centro dell’attenzione, nei teatri avevi tutto a disposizione… in tutti i sensi avevi un lavoro gratificante. Invece, ai tempi nostri, i difetti hanno superato i pregi. Quando un ragazzo viene alle mie masterclass e mi chiede “ adesso cosa devo fare per lavorare..” io non ho una risposta.
Molti direttori non sono preparati per dirigere, non hanno né la voglia né l’esperienza per dirigere un’opera lirica. Loro sanno concertare un orchestra, ma dirigere un’opera significa dare un certo senso a quello che succede in scena, affidare i ruoli alle voci giuste, scegliere i tempi giusti… Sono tutte quelle cose che i direttori d’orchestra di una volta sapevano grazie alla loro cultura operistica.
Un’altro problema grande sono i registi. Molti non sanno fare il loro mestiere e sei obbligato a passare 20/30 giorni della tua vita a perdere tempo. Già quelli che non sanno fare niente è buono perchè tu puoi dare delle indicazioni, dei suggerimenti e loro se sono intelligenti li accettano, visto che sono 30 anni che sono sul palcoscenico. Quindi se mi lasciano fare dò comunque il meglio di me stesso. Molti altri invece non solo non sanno fare i registi, ma ti obbligano a fare movimenti che, non solo, sono contro quello che scrivono i librettisti, ma ti bloccano anche nella scena.
Purtroppo, più all’estero, ma anche in italia, questi registi oggi hanno molto potere.
Una domanda che faccio spesso durante le interviste… Hai da raccontarci dei momenti simpatici o esilaranti che ti sono capitati durante gli spettacoli?
Ce n’è più di uno. Io non faccio un repertorio comico, anzi nelle opere che solitamente canto muoiono sempre tutti… ( e ridiamo). Ma c’è un episodio che ricordo come particolarmente divertente e al contempo pauroso. Io e Bruno Praticò, durante un’ultima recita in Giappone, avevamo deciso – visto che c’era in sala il coro e l’orchestra del Comunale di Bologna – di fare tutto un recitativo in dialetto bolognese. Naturalmente, non essendo abituato a fare queste sciocchezze in teatro, iniziai a ridere e di conseguenza anche Bruno. Non riuscendo a cantare ci siamo visti costretti ad interrompere l’opera. Siamo usciti dalla scena e abbiamo trovato il direttore del teatro , fuori dalle grazie del Signore, che ci ha buttato di nuovo in scena dove ci aspettava il direttore d’orchestra con le braccia conserte. E ripeto, tutto questo con il pubblico presente in sala!
Qual è il problema che riscontri maggiormente nei tuoi allievi?
L’aver cominciato lo studio del canto con Maestri sbagliati. Non siamo dei computer che possono resettare tutto e ricominciare, quindi, bisogna perdere ore ore ed ore a togliere i difetti accumulati in anni di studio sbagliati. Poi altro problema è la profonda distrazione causata dalle tecnologie e telefonini. Ma questo è comunque un problema secondario. Rimane il fatto che essendoci pochi bravi insegnanti, moltissimi allievi arrivano che sono da aggiustare e non è semplice.
E questo è un guaio!
Quale consiglio ti sentiresti di dare ai giovani che vogliono affrontare la carriera?
Innanzitutto essere molto determinati. Oggi per fare questa carriera ci vuole una bella forza perchè è quasi tutto contro. Ricordiamoci che i teatri sono tutti in crisi.
Poi fare attenzione alla scelta dell’insegnante. Per capire se il maestro va bene o meno basta andare a lezione per 2 mesi. Se vedi che non hai veri cambiamenti vocali o peggioramenti te ne vai. C’è gente che sta lì continuando a sbagliare, ma non cambia insegnante per anni.
Oggi insegnano tutti: coristi, agenti, lattai… proprio tutti! Meglio un buon registratore piuttosto che un pessimo maestro!!
Cosa ne pensi delle molte audizioni a pagamento che ci sono in questo periodo?
Io ricordo che al massimo dovevo pagare il pianista. Per il resto non ho mai pagato niente. Mi sembra assurdo!
Già i ragazzi spendono per il treno, l’aereo, il cibo… per pagare qualcosa devi dare qualcosa. Se mi dici mi dai 50€ di iscrizione e ti assicuro un lavoro allora potrebbe funzionare. Potrei anche capire se mi dicono che devo pagare per i miei 20 minuti di audizione 10€ per il pianista, ma di più mi sembra veramente scorretto!
Come vedi l’opera in italia e all’estero nel futuro?
Va a saperlo.. ( e ride). Intanto l’opera è massacrata dai registi che hanno preso un potere eccessivo. Ricordiamoci che la figura del regista, come anche quella del direttore d’orchestra, nascono non troppo tempo fa.
Il cantante lo possono giudicare in molti perchè se canti male ci se ne accorge, mentre il direttore non lo sa giudicare spesso neanche l’orchestra oggi. Figuriamoci un regista che cerca appositamente di snaturare l’opera per prendere i fischi. Per un cantante i fischi sono un danno, per un regista sono positivi perchè richiamano l’attenzione su di lui e lo fanno diventare un personaggio innovativo. All’estero la situazione è già così, in Italia lo sta diventando…
L’opera bisogna ricominciare a farla con i bravi cantanti – che ci sono – e non con i registi!
Che cosa ne pensi dell’opera pop?
Non mi sembra siano aumentati gli spettatori a teatro e per questo dico che non mi sembra sia stato un gran successo. L’opera non sarà mai popolare. All’epoca era l’unica musica colta ed era quella conosciuta. Oggi le cose sono diverse.
Non sono assolutamente contrario a questo mix, ma non mi sembra che dopo i concertoni del “Pavarotti & friends” e altro… ci siano i teatri stracolmi.
Secondo me, l’opera pop non fa né il bene e né il male del teatro.
Come facciamo a far innamorare i ragazzi dell’opera? Attraverso il pop? No. Attraverso le scuole che dovrebbero portarti a teatro, come è successo a me. Oppure facendo i prezzi dei biglietti bassissimi per questa categoria.
In mezzo a 200 ragazzini magari ce ne sarà uno che sarà veramente interessato e seguirà il cammino del musicista e alcuni altri saranno il pubblico di domani.
Pensi che ci siano ancora grandi voci tra i giovani?
Ce ne sono, ma o studiano male o li fanno cantare troppo. Le corde sono sempre due!
Poi bisogna dire che ci sono poche grandi voci perchè studiano meno. Ricordo che andavo a lavorare la mattina per potermi mantenere gli studi, tornavo a casa, pranzavo e poi andavo a studiare quando i miei amici si ritrovavano nel pomeriggio per giocare a poker. Se fai sacrifici allora vedi i risultati, invece se è una delle tante attività, allora non combini niente.
Il canto ha bisogno di molta dedizione.
Quali sono i tuoi progetti futuri?
Ora sto facendo Norma a Napoli, poi ho due masterclass, una a Roma ed una a Napoli.
Poi a Piacenza il Machbeth con Leo Nucci e la Anna Pirozzi [se non hai ancora letto l’intervista del soprano clicca qui], poi Aida con Metha a Mosca in forma concerto.
Successivamente molti CD in arrivo con la Decca ed altre case discografiche. Quest’anno ho anche il debutto in Boris Godunov a Varna, l’Anna Bolena ad Avignone e canterò di nuovo alla Scala per la prossima stagione.
Il prossimo anno ci sarà Attila a Modena a gennaio, poi Puritani ed altri progetti… Diciamo che per ora l’ultimo impegno è la Gioconda al Liceu di Barcellona nel 2019.
Parlare con un cantante di questo calibro in maniera così diretta e tranquilla mi dà conferma di quello che spesso ho pensato: più una persona è importante e con una lunga carriera alle spalle e meno ha bisogno di farsi grande agli occhi degli altri, dimostrando così una grande umiltà.
Ho trovato in Carlo Colombara la saggezza dell’esperienza dei suoi 30 anni di carriera e una grande voglia di condividere le sue conoscenze con i giovani (capacità e interesse che non tutti hanno!)
Come cantante, oltre che da blogger, credo che presto parteciperò ad alcune sue masterclass perchè sono sicuro che il basso Carlo Colombara possa aiutare a capire come poter affrontare il teatro attraverso suggerimenti tecnici-vocali e di vita sul palcoscenico.
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Un ringraziamento a Luca Giorgini per aver acconsentito alla pubblicazione dell’intervista.